Il conservatorismo tradizionalista, conosciuto anche come tradizionalismo, descrive una filosofia politica e culturale situata nell'alveo del Conservatorismo, che sottolinea la necessità - filosofica, etica e pratica - dei principi della Legge naturale e dell'ordine morale trascendente, della tradizione, dell'unità organica e gerarchica, della vita rurale, del classicismo e della cultura elevata, e della Fedeltà.[1] Alcuni tradizionalisti hanno abbracciato i termini di "Reazione" e di "Controrivoluzione", riferendosi alla decadenza della società provocata dall'Illuminismo. Poiché i conservatori tradizionalisti hanno una visione gerarchica della società, spesso, anche se non sempre - si pensi ai tradizionalisti dell'Antica Roma che sostenevano la res publica - essi difendono una struttura politica di tipo monarchico come l'assetto sociale più naturale e benefico. Non mancano però altri modelli governativi, come la citata repubblica aristocratica d'ispirazione romano- platonica e la Democrazia organica, sostenuta dal fascismo. Il Tradizionalismo - sebbene non si incarni in un preciso modello politico - è esistito dacché è cominciata la civiltà; la sua espressione contemporanea, tuttavia, si sviluppò nel XVIII secolo, soprattutto in risposta alla Guerra civile inglese e alla Rivoluzione Francese. Spesso è un'idea legata alla destra, ma vi sono anche pensatori culturalmente tradizionali ma che non si identificano in quest'area politica. Negli Stati Uniti d'America il conservatorismo tradizionalista non si organizzò in una omogenea corrente intellettuale e politica sino alla metà del XIX secolo. La coagulazione del conservatorismo tradizionalista statunitense nacque all'interno di un cenacolo di professori universitari che respingevano le nozioni di individualismo, di liberalismo, di modernità e di progresso sociale e rinnovarono l'interesse in ciò che Thomas Stearns Eliot definiva "Le cose permanenti" (quelle verità sempiterne che sopravvivono ai mutamenti temporali e quelle istituzioni sociali fondamentali, come la Chiesa, la Famiglia, la comunità locale o - nel caso dei neopagani - la verità sugli dei). Sovente il conservatorismo tradizionalista negli Stati Uniti confluisce nel Paleoconservatorismo.
Principi fondamentali
Legge naturale e ordine morale trascendente
La fiducia riposta nella legge naturale e nell'ordine morale trascendente è la base fondante del pensiero tradizionalista. La Ragione e la Rivelazione divina informano la legge naturale e le verità universali della Fede. E' attraverso queste verità di Fede che l'Uomo ordina se stesso e il mondo attorno ad esso. Il Tradizionalismo pone come assioma che la Religione e il sentimento religioso preceda la civiltà organizzata.
Tradizione e consuetudini
Come implica il nome stesso, i Tradizionalisti affermano che la Tradizione e le consuetudini guidino l'Uomo e la sua visione del mondo. Ogni generazione eredita l'esperienza e la cultura dei suoi antenati e attraverso gli usi e le convenzioni l'Uomo è capace di ereditare la cultura dei suoi predecessori e di trasmetterla alla sua progenie. Per parafrasare Edmund Burke: "l'individuo è uno sciocco, ma la specie è saggia".
Gerarchia e unità organica
I tradizionalisti credono che la società umana sia essenzialmente gerarchica, che sempre coinvolga, cioè, varie interdipendente disuguaglianze e classi e che le strutture politiche che riconoscono la Gerarchia siano le maggiormente giuste e generalmente benefiche. La Gerarchia permette la preservazione dell'intera comunità simultaneamente, invece che proteggere una sola parte a discapito delle altre.
Ruralismo
L'ambiente rurale e i valori della vita di campagna sono stimati come preziosi. I principi del ruralismo sono centrali nella concezione tradizionalista della vita rurale.
Classicismo e cultura superiore
I Tradizionalisti sono fermi difensori della Grande Tradizione della civiltà euro-atlantica e stimano una educazione classica informata dai testi Greci, Romani e medioevali. Similmente, i tradizionalisti riveriscono la cultura cosiddetta "superiore" e le sue manifestazioni. D'altra parte, diffidano delle sue distorsioni degradate e del Modernismo. Un tradizionalista non è per forza oppositore della scienza, ma ritiene che questa debba progredire rispettando la tradizione e non opponendo nuovi principi.
Patriottismo, localismo, e regionalismo
A differenza dei nazionalisti, che enfatizzano il ruolo dello Stato o della nazione come superiore alle comunità locali o regionali, i tradizionalisti mantengono il Patriottismo come principio fondamentale. I conservatori tradizionalisti affermano che la Lealtà verso una località o una regione sia più centrale che la lealtà ad una entità politica più vasta. I tradizionalisti apprezzano il concetto della sussidiarietà e della confidenza con la propria comunità politica.
Pensiero politico del Carlismo spagnolo
Il carlismo è un movimento politico spagnolo tradizionalista, originatosi da una disputa dinastica, ma caratterizzatosi per una visione del mondo spiccatamente conservatrice e attenta alla tradizione, in contrasto con le forze anti-tradizionali, liberali, massoniche e progressiste della società spagnola, che appoggiarono la Regina Isabella II. Svolse un ruolo determinante nella politica spagnola dal 1833 al 1939, permanendo comunque fino alla conclusione, nel 1977, del regime franchista ; nel XIX secolo diede vita a numerose guerre carliste; i carlisti parteciparono anche alla Guerra Civile Spagnola, dalla parte dei nazionalisti di Franco Il Carlismo, come corrente politica tradizionalista, ha avuto un ruolo rilevante nella dialettica politica spagnola sino al 1939, rappresentando la destra politica attenta al regionalismo e all'identità locale. Dal 1939 la Comunión Tradicionalista come movimento politico svolge un ruolo di secondo piano. Esistono molti circoli culturali che raccolgono l'eredità dottrinale del carlismo e alcuni movimenti politici, non unificati, che si dichiarano continuatori della Comunión Tradicionalista. Il pensiero politico carlista, sintetizzato nel motto Dio, Patria, Fueros (i privilegi locali di antica istituzione), Re è stato teorizzato organicamente da diversi autori, come Antonio Aparisi y Guijarro, Enrique Gil Robles, fino a Francisco Elías de Tejada y Spínola (1917-1978) e al vivente Rafael Gambra Ciudad.
Dio e Patria
Dio è al centro dell'attività umana nel mondo, ma soprattutto in Spagna; perciò la Spagna o è cattolica o non esiste come entità statale organizzata, perché la patria spagnola comporta l'unità nella fede cattolica come sua stessa caratteristica fondamentale. Da questa fede derivano le esigenze di subordinare la politica alla maggior gloria di Dio, di dichiarare la religione cattolica religione di Stato e di ispirare la legislazione e le istituzioni alla dottrina sociale della Chiesa.
Fueros
Il termine "Fueros", dal latino Forum, passa a significare il complesso di privilegi riconosciuti dallo Stato a una città o a una categoria, per giungere finalmente a indicare l'insieme di norme specifiche con le quali si reggono le popolazioni spagnole. Il richiamo ai fueros comporta, secondo i pensatori carlisti, il riconoscimento dell'uomo come essere concreto, inserito in una data comunità, locale o lavorativa che sia. La libertà intesa dai carlisti si contrappone, in quanto libertà particolare e di per sé riferibile a una data situazione, alla libertà giacobina, che è un concetto puramente astratto.
Re e Governo
Il pensiero politico carlista non pone l'accento né sulla persona del re, né sulla dinastia, ma sull'istituzione della Corona, situata al vertice della piramide delle istituzioni politiche. La Corona Spagnola per essere una vera Monarchia e non una tirannide deve assoggettare la politica generale ai princìpi della morale cattolica, caratterizzata dal cumulo dei diritti storici sempre perfettamente identificabili e non astrattamente definita, limitata dalla Tradizione, dalle autonomie locali e soprattutto dalla coscienza cattolica del Re. Inoltre il Re deve assumere la responsabilità ultima del governo, che esercita personalmente e il Re stesso risponde degli eventuali abusi commessi. Le successive responsabilità rimandano al concezione della Spagna come unione di più domini uniti solo nella persona del Re, all'interno di ciascuno dei quali il Re ha compiti, poteri e prerogative differenti.
Dottrina politica di Julius Evola
Le pregresse civiltà si basano su una più ampia consapevolezza delle reali cause dell'esistenza terrena, anziché su criteri di disordine materialiastico ottenebrante.[ La naturale decadenza di queste società è inversamente proporzionale all'aumento del progresso tecnico . Tale processo di decadenza ha inizio con la perdita dell'unico polo che in passato racchiude sia l'autorità spirituale che quella temporale e prosegue con la spinta propulsiva dei valori illuministi espressi con la Rivoluzione Francese: si arriva così alla società odierna dove il contatto diretto e vivido con il divino, sia in Sè che nel mondo circostante è stato occultato.
In particolare Evola rifiuta in blocco il concetto di egualitarismo in favore di una visione differenziatrice della natura umana,come viene tramandato da tutti i testi sacri ti tutte le civiltà del pianeta. Ne consegue un netto rifiuto per le degenerazioni oclocratiche e, parimenti, per ogni forma di totalitarismo, anch'esso ritenuto uno strumento massificatore, che si basa non su un'autorità spirituale, bensì su un'autorità esclusivamente di tipo temporale e su altri tipi di tirannia mascherata- Conseguenza dell'approccio evoliano è che le differenze naturali tra gli esseri umani si rispecchiano anche nelle razze, ma difese sempre le sue teorie da imbarbarimenti di stampo biologistico e dalla strumentalizzazione di alcuni suoi studi, che andrebbero letti con dovizia prima di incanalare la memoria dell'autore in infauste degradanti situazioni di volgare delirio razzista. Julius Evola e gli autori evoliani rifiutano una visione del mondo biologicamente razzista, affermando la sua teoria del così detto razzismo spirituale. La "razza interiore" di cui parla Evola è definita come un patrimonio di tendenze e attitudini che – a seconda delle influenze ambientali – giungono o meno a manifestarsi compiutamente.
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